Togunà Virtuale: Ambiente Africa – Articoli tradotti – Niente sviluppo senza ecologia

Niente sviluppo senza ecologia

La protezione dell’ambiente, lontano dall’essere un lusso fuori dalla portata dell’Africa, diventa una condizione indispensabile al suo sviluppo. Il riscaldamento climatico la minaccia direttamente, dalla crescita delle acque alla messa in pericolo dei rendimenti agricoli.

Più nessuna riunione internazionale si svolge senza che sia iscritta nell’agenda delle discussioni la questione ambientale nei suoi multipli aspetti: sparizione di specie animali, degradazione della biodiversità, innalzamento delle acque che minacciano le terre, drammatico scioglimento dei ghiacciai, migrazioni climatiche, etc. Questi rischi sono oggi, particolarmente in Europa, evocati quotidianamente dai principali attori della vita politica.

Il Gruppo di esperti intergovernamentale sull’evoluzione del clima (Giec) è stato il primo ad allertare i poteri e l’opinione pubblica su queste questioni, e non il solo. Due rapporti recenti confermano le conclusioni e le previsioni di quest’organismo e danno indicazioni preziose sulla situazione del continente africano in questo campo.

Migranti climatici

Pubblicato nel 2018, il rapporto della Banca mondiale intitolato “L’ondata: prepararsi alle migrazioni climatiche interne” attira l’attenzione «sul legame tra cambiamenti climatici, migrazioni e sviluppo». L’Africa subsahariana è principalmente coinvolta: se, da qui al 2050, delle azioni concrete non saranno fatte, a livello nazionale e mondiale, questa regione del mondo conterà 86 milioni di migranti climatici interni. E gli spazi più violentemente toccati da questi sconvolgimenti, saranno i più poveri e privi d’infrastrutture.

Si percepiscono, concretamente, i legami tra sviluppo e cambiamenti climatici. Mentre circa 240 milioni di Africani soffrono già la malnutrizione, il riscaldamento globale comporterà, secondo gli esperti, un abbassamento della produttività agricola e un accesso aleatorio all’acqua. Lo si sa, più o meno, da una quarantina d’anni: la diminuzione dei rendimenti agricoli, unita all’aumento demografico accentuerà ancora di più la pressione su un sistema di produzione alimentare già molto precario. Se non si farà niente, l’Africa non potrà sovvenire che al 15% dei suoi bisogni di qui al 2050.

Il continente non è responsabile che del 4 % delle emissioni mondiali di gas serra, ma, secondo il Fondo per i cambiamenti climatici in Africa, gli effetti negativi degli sconvolgimenti ambientali hanno già fatto calare dell’1,4% il suo PIL. E i costi indotti dall’adattamento agli squilibri climatici dovrebbero raggiungere il 3 % del PIL annuale nel 2030.

Per rispondere all’urgenza ecologica, è dunque imperativo lanciare politiche pubbliche di ampiezza sull’insieme del continente. Ma, per arrivarci, bisogna generare preventivamente una presa di coscienza riguardo alla posta in gioco. E questo dev’essere fatto non solamente da alcune persone, ma dalla totalità della popolazione.

Non sembra essere questo il caso, se si crede ai risultati di un’inchiesta di Afrobaromètre di agosto 2019: in 30 paesi su 34 sondati dallo studio, le persone interrogate affermano che la produzione agricola si è fortemente deteriorata, in quantità e in qualità, negli ultimi dieci anni. E solo tre Africani interrogati su dieci pensano di essere a conoscenza degli effetti del cambiamento climatico.

Consumare localmente

Bisogna disperarsi quando si sa che il tempo è contato? Diversi indici mostrano che non è così. I giovani non si mobilitano per l’ambiente solo nei paesi ricchi. Da poco, in maniera promettente, anche gli Africani si lanciano nella lotta contro il cambiamento climatico. Basti pensare a Leah Namugerwa, che ha preso per modello Greta Thunberg. In agosto, questa adolescente ugandese di 15 anni ha deciso di piantare circa 200 alberi.

A Kampala, una delle sue compatriote, durante una manifestazione di giovani per il clima, portava un pannello sul quale c’era scritto: «Quante persone devono morire prima che voi agiate?»

Altra notizia che testimonia una presa di coscienza irreversibile: numerosi sindaci africani si sono impegnati in una riflessione e nella lotta concreta contro il cambiamento climatico. Jean-Pierre Elong Mbassi, segretario generale delle Città e governi locali uniti d’Africa (CGLU), riassume così il loro piano di battaglia: «consumare localmente», «rilocalizzare la produzione» o ancora «gestire meglio i rifiuti domestici». Delle misure che, secondo lui, non necessitano di molti mezzi finanziari. Bisogna ancora che questi siano meglio distribuiti e gestiti.

La maggioranza dei paesi africani ha già ratificato gli accordi internazionali in materia di riscaldamento climatico, ivi compresa la convenzione quadro delle Nazioni Unite, il protocollo di Kyoto, oltre agli accordi di Parigi del 2016. Ma le azioni intraprese sono insufficienti per rispondere all’ampiezza e all’urgenza del problema. È senz’alcun dubbio la sfida più grande che l’Africa dovrà accettare nei prossimi anni, quella per lo sviluppo sostenibile e per un’autentica democrazia.

 

L’articolo originale su Jeune Afrique: https://www.jeuneafrique.com/mag/866938/societe/tribune-pas-de-developpement-sans-ecologie/

| 10 dicembre 2019 h 16:50 | Di Smaïn Laacher, professore di sociologia all’Università di Strasburgo, autore di “Credere all’incredibile. Un sociologo alla corte nazionale del diritto d’asilo”, Gallimard, 2018

ZinoTogunà Virtuale: Ambiente Africa – Articoli tradotti – Niente sviluppo senza ecologia